martedì 22 dicembre 2009

Benedetta Tobagi

"Ci sono cose che i bambini non dovrebbero preoccuparsi di capire, almeno in tempo di pace, ma parecchi figli degli anni Settanta hanno dovuto adattarsi alla cruda realtà.
Papà scriveva sul giornale e una mattina i terroristi gli anno sparato"
Benedetta Tobagi Come mi batte forte il tuo cuore Einaudi 2009

Ho terminato 3 giorni fa di leggere il libro di Benedetta Tobagi
Un libro intenso, bellissimo, profondamente commovente ed umano, e molto interessante per la ricostruzione storica fatta dalla figlia di Walter Tobagi, il giornalista del Corriere della Sera, assassinato nel1980 dai terroristi della «Brigata XXVIII marzo», a soli 33 anni.
" Quella mattina del 28 maggio 1980 i killer hanno ucciso anche la mia innocenza
Non ho ricordi di mio padre da vivo: è morto troppo presto. In compenso sono cresciuta assediata dall’immagine pubblica di Walter Tobagi. A volte si trattava di rappresentazioni vere e proprie: ricordo il busto di bronzo inaugurato nel palazzo di un ente locale, che da piccola trovavo terrificante, oppure un ancor più terribile ritratto a olio di cui un artista sconosciuto aveva voluto omaggiare il nonno Tobagi. Era ricavato da una fotografia non molto riuscita di mio padre seduto alla macchina da scrivere."
Il libro è nato dunque dall'esigenza della giovane donna di conoscere suo padre, colpito a morte sotto casa quando lei aveva solo 3 anni, e di cui le erano rimasti pochi ricordi.
" Non potevo tollerare di avere solo quell'immagine di mio padre, ucciso quella mattina "
Ma anche dalla consapevolezza che tale perdita non ha toccato solo la sua famiglia "ma tutta la società perché il terrorismo l'ha privata di risorse che avrebbero potuto renderla diversa".
I pensieri del padre, racchiusi in articoli, diari, pagine di appunti, lettere, libri e il motto, tratto dall'Etica di Spinoza, che aveva guidato il suo lavoro di giornalista - humanas actiones non ridere, non lugere, necque detestari, sed intelligere ( non bisogna deridere le azioni umane, né piangerle, nè disprezzarle, ma comprenderle)- hanno permesso a Benedetta di ricostruire la sua vita, pubblica e privata.
Benedetta Tobagi ha ripercorso la vita e la carriera del padre, partendo dai suoi primi anni in un piccolo paese vicino a Spoleto per arrivare agli studi classici al celebre liceo Parini di Milano, dove partecipò alla Zanzara, il giornaletto degli studenti che creò scandalo e censura, quindi dagli esordi come giornalista sportivo fino alla piena affermazione professionale nella redazione del Corriere della Sera.
Partecipe, con l'affetto e la commozione di figlia, non ha però mai rinunciato all'obiettività dello storico e si è documentata con scrupolo, consultando documenti pubblici e privati e interrogando chi allora c'era.
Ne è risultato un ritratto completo del giornalista, dell'uomo e del padre Walter Tobagi, ma anche di un periodo della storia italiana di cui è ancora tanto difficile parlare.
Del padre dà una immagine molto più vicina alla verità, senza strumentalizzazioni di parte.
"Sono allergica alla retorica vuota del martire e dell'eroe, che troppo spesso si applica alle vittime del terrorismo.
Papà ha avuto paura, ha faticato, ha assunto posizioni impopolari e molto discusse, ha continuato a scrivere le cose che gli sembravano giuste, ha cercato di riempire ogni giorno di senso il suo ideale di democrazia: questo, non il "martirio", fa di lui un punto di riferimento".
In quelle 300 pagine sono molte le riflessioni di Benedetta che mi hanno colpita molto
Tra queste alcune in particolare.
Il suo desiderio di non essere al centro della morbosa curiosità degli altri ritorna più volte, molto evidente, nelle parole di Benedetta ma anche il suo desiderio di sapere perchè è successa quella tragedia che l'ha lascia sconvolta e choccata
" Essere al centro di una tragedia pubblica aveva molti risvolti spiacevoli.
Primo, mi collocava in una scomoda posizione di visibilità, del tutto inde­siderata.
Secondo, avevo l’impressione che l’inva­denza di questa immagine pubblica, anziché avvi­cinarmelo e aiutarmi a conoscerlo, non facesse che spingere mio padre un po’ più lontano da me, come quando insegui un pallone tra le onde.
Chi era davvero Walter Tobagi?
Perché lo han­no ucciso?
Mi ha confortato il fatto di non trovarmi sola nella difficoltà di dare un senso agli eventi.
Che un giornalista progressista come lui sia diventato obiettivo dei terroristi di sinistra desta a tutt’oggi sconcerto.
Ritrovo l’eco delle perplessità della mia infanzia nelle parole di un ex terrorista tedesco della Raf, che, guardando all’esperienza dei «com­pagni » italiani, si chiede perché mai, mentre in Germania si colpivano capitani d’industria ed ex nazisti, a sud delle Alpi sotto il piombo dei sedi­centi rivoluzionari caddero più spesso i riformisti.
Con gli anni, gli elementi materiali del contesto diventavano per me più intelligibili, ma si faceva­no avanti problemi di comprensione più sottili e insidiosi.
Vi è un fenomeno caratteristico che interferi­sce con la memoria delle vittime del terrorismo (ma il discorso può essere esteso anche ai «cada­veri eccellenti» delle mafie): una vita intera viene risucchiata, come in un buco nero, dalla potenza di una fine tanto drammatica.
L’identità della vitti­ma è schiacciata.
Quel che resta è solo il simula­cro scintillante, ma vuoto, dell’eroe; nel mio caso, un martire della libertà di stampa.
Tutto ciò rende assai più difficile capire chi fosse realmente il de­funto e tracciare un bilancio obiettivo della sua at­tività. "
Bellissima la descrizione del padre giornalista, diverso rispetto agli altri colleghi giovani che già allora avevano un'etica molto diversa dalla sua :
" In una professione in cui tutti urlano, arringa­no e calcano i toni, mio padre parlava piano, a vo­ce bassa (...).
La voce pubblica di mio padre riposa tutta intera nei suoi articoli.
Noto una fraseologia ricca di espressioni come: «A me pare», «Si po­trebbe convenire», «Se guardiamo ai fatti degli ul­timi mesi», «Se consideriamo»: i tecnici li defini­scono «atti linguistici di cortesia positiva».
Non ha il gusto del paradosso, predilige il tono discor­sivo, l’ironia velata.
È bravo, a raccontare.
Le colo­riture efficaci sono divenute una cifra stilistica, co­me gli riconobbe anche Indro Montanelli.
Negli articoli, una galleria di ritratti, freschi ed efficaci come schizzi a china.
Papà la sente tutta la responsabilità di parlare a centinaia di migliaia di persone ogni giorno. Le sue convinzioni circa i compiti del giornalista si concentrano nella massima: «Poter capire, voler spiegare».
Si sente vicino a quella che Bocca defi­nisce la funzione maieutica della stampa: «Aiuta­re la gente a tirar fuori quello che ha dentro», in­formare con l’intento di fornire al lettore gli stru­menti per ragionare e chiavi interpretative per in­tendere la realtà. "
Le pagine che mi sono interessate di più sono state quelle in cui Benedetta fa una precisa analisi del terrorismo, delle trame misteriose e dei misteri dello Stato, della non verità e del segreto di Stato, che impediscono di sapere, ma soprattutto della P2 che aveva già allungato i suoi tentacoli sul Corriere, senza che suo padre sapesse
"Scegliendo di montare tasselli poco chiari, si possono tessere trame verosimili, ma non verifica­bili, oppure riesumare polemiche già consumate contando sulla memoria corta dei mezzi d’informa­zione.
Questo tratto accomuna molte vicende di ter­rorismo. Occorre cautela e profondo scrupolo, nel muoversi su terreni tanto scivolosi. In Italia manca davvero la verità intorno a troppe morti; trovo im­perdonabile abusare della buona fede di tante per­sone indignate senza motivazioni più che solide."

"L’unico risvolto positivo in questa vicenda sfi­brante sta nel fatto che mi ha portato a inciampare senza volerlo nell’unica vera lacuna nell’inchiesta sulla morte di mio padre. Questa volta la P2 c’entra sul serio, anche se non si capisce bene in che termini.
Il volantino di rivendicazione è stato analizzato in ogni maniera possibile, eppure, in tanto clamo­re, è passato sotto silenzio un fatto venuto alla luce nel marzo del 1981: copia del famigerato dattilo­scritto fu ritrovata nientemeno che dentro alla vali­gia sequestrata nella ditta Giole di Licio Gelli, a Ca­stiglion Fibocchi, vicino ad Arezzo.
Stava in una bu­sta sigillata con la dicitura, molto generica, «Rizzo­li - lettera Brigate Rosse», insieme ad altre cartelle selezionate di documenti riservatissimi, riguardan­ti tra le altre cose i piani di ricapitalizzazione e rias­setto proprietario del gruppo Rizzoli - Corriere del­la Sera, elaborati nei primi mesi del 1980 da Bruno Tassan Din con Licio Gelli e l’avvocato Umberto Or­tolani.
Vengo a conoscenza di questo fatto grazie alla meticolosità del senatore Flamigni, che lo menzio­na nel suo libro sulla P2, Trame atlantiche.
Provo stupore: in mezzo a tante polemiche, pro­prio sul volantino e sulla loggia P2, basate su indi­zi e suggestioni, com’è possibile che una notizia del genere non sia mai emersa?
Temevo che la mia reazione nascesse da ingenuità.
Quando ho visto le espressioni di sorpresa ogni volta che ho mostra­to i documenti a persone assai più esperte e smali­ziate di me, ho cominciato a preoccuparmi. Lo stupore cresce quando scopro che la magi­stratura lo seppe subito.
Il giudice istruttore Giulia­no Turone, responsabile della perquisizione con Gherardo Colombo, aveva girato il materiale al col­lega milanese incaricato dell’istruttoria sull’omici­dio Tobagi, Giorgio Caimmi: ritrovo la lettera d’ac­compagnamento, controfirmata per ricevuta in da­ta 14 aprile 1981.
Il magistrato Armando Spataro mostra sincera sorpresa: «Non ne sapevo niente, questa sembra effettivamente una lacuna», ammette.
Mi mette su­bito in contatto col giudice istruttore.
Caimmi se la ricorda, invece, la busta, ma all’epoca era impe­gnato a tempo pieno nel verificare con riscontri certosini le dichiarazioni dei pentiti.
Caimmi si era occupato fino ad allora di cause di fallimento, do­po l’omicidio Galli dovette cominciare a occuparsi di terrorismo e gli toccò istruire il processo-mon­stre .
Del delitto Tobagi, ripete, si sapeva già tutto.
«Non valutai che fosse un elemento rilevante», e la busta finì chissà dove.
Nel fascicolo non riesco a trovarla.
Mi viene spontaneo di obiettare che nel maggio dell’81 sulla vicenda P2 era caduto il gover­no, ma serve a poco.
Spataro ha un’ironia triste ne­gli occhi mentre riflette ad alta voce: «Se anche avessimo voluto seguire la pista, cos’avremmo po­tuto fare, interrogare Gelli».
Già.
Poco dopo, il tribunale di Milano fu obbligato a trasmettere l’inchiesta penale sulla loggia deviata — e tutti i documenti relativi — a Roma, dove di fatto si arenò.
A settembre dello stesso anno, ven­ne costituita un’apposita commissione d’inchie­sta parlamentare presieduta da Tina Anselmi.
Tra i membri, salta all’occhio il socialista Salvo Andò, uno dei deputati condannati per diffamazione per la campagna stampa contro i magistrati milanesi per la verità sull’affaire Tobagi, esplosa nel conflit­to istituzionale del 1985 (nel 1987 ai reati fu appli­cata l’amnistia in grado di appello con la confer­ma del risarcimento dei danni disposto dal Tribu­nale in primo grado).
Usarono ogni argomento possibile, tranne questo.
Forse, come altri com­missari, non spese troppo tempo sui documenti acquisiti dalla commissione, nemmeno sul cor­pus centrale.
Oppure tacque, e non dovrei stupir­mene: intorno alla loggia P2 sembra vigere da sempre la consegna di minimizzare e riportare tut­to al silenzio, al più presto.
La commissione fece un lavoro straordinario, considerando l’enormità del compito.
Quella particolare busta non poté es­sere oggetto di analisi specifiche.
È cominciata così l’ultima piccola odissea per ricostruire la storia di come e perché, tra i pochi e selezionati documenti che il maestro venerabile aveva impacchettato per portarseli via, ci fosse an­che il volantino di rivendicazione della «XXVIII Marzo».
Sul come gli arrivò, c’è l’imbarazzo della scelta, tanto pervasiva era la presenza della P2 nel grup­po Rizzoli e al «Corriere».
Mi sono concentrata al­lora sulle ragioni.
«C’è un metodo. La logica che guida Gelli nella costruzione del suo archivio è quella del ricatto e della disinformazione», mi spiega Giuliano Turo­ne.
È un uomo gentile, colto, limpido. In mezzo a tanti fantasmi, è uno di quegli incontri che mi ras­serenano. Mi serve a ricordarmi che l’Italia è fatta anche di tante persone come lui.
Lo conferma il magistrato Elisabetta Cesqui, che riprese in mano l’inchiesta arenatasi, purtroppo con scarsa fortu­na.
Se la ricorda bene, la busta: «Mi colpì che stes­se in mezzo a quei documenti sulla ricapitalizza­zione. Appariva incongrua».
Rifletto sul contesto.
I piani finanziari segreti conservati nella valigia fu­rono tracciati a partire dai primi mesi del 1980.
Il gruppo versava in condizioni disastrose per gli in­teressi passivi, gravato da testate deficitarie come «L’Occhio» e il «Corriere d’Informazione».
Il diret­tore generale Tassan Din però rifugge ogni deci­sione riguardo a chiusure e licenziamenti: il sinda­cato del gruppo Rizzoli è forte e fa molta paura, può paralizzare il «Corriere» per giorni, provocan­do perdite ingenti (...).
Mi tornano in mente i discorsi di mio padre, così vituperati: batteva sulle piccole grandi cose concrete, sui presupposti della libertà d’informa­zione, sulla necessità di affrontare sacrifici per avere testate dal bilancio sano, che non diventas­sero facile preda di «padrini» politici e finanziari.
Per tenere a bada il sindacato poligrafici Tassan Din ricorre ad Adalberto Minucci, responsabile dell’informazione del Pci.
Scelte vitali per il risanamento vengo­no colpevolmente rimandate, si batte la strada di manovre finan­ziarie illecite. Ai dirigenti allar­mati che lo invitano a tagliare i rami secchi, Angelo Rizzoli repli­ca: «Sto trattando la ricapitaliz­zazione del gruppo, non posso permettermi un Vietnam in azienda».
La loggia esercitava la pro­pria influenza alternando le lu­singhe all’intimidazione.
Forse, quel documento tra gli incarta­menti Rizzoli tradisce il proget­to di utilizzare i dubbi suscitati da quella morte provvidenziale per intimidire un po’ quel sindacato rosso così po­co governabile, un aiuto per tenere a bada i temu­ti «vietcong» con una manovra diversiva. Accanto alle seduzioni del direttore generale poteva essere funzionale far cadere sui sindacati l’ombra di un’accusa infamante: aver istigato, assistito, o quantomeno ispirato, l’omicidio di Tobagi.
Il libro termina con alcuni bellissimi e toccanti pensieri di Benedetta, poche pagine da cui sono rimasta profondamente toccata, parole profonde e commoventi di amore e di affetto filiale, una figlia che ha sempre amato quel padre famoso ucciso da giovani ricchi e borghesi, che sconvolsero tante vite in quei maledetti anni 70, tornando liberi in poco tempo con la scusante del pentitismo di stato !

"Il mare d’inverno è il mio rifugio.
Ci vado da sola.
Quando sono stanca, confusa, l’acqua e la lu­ce mi calmano sempre.
Guardando l’orizzonte, pri­ma o dopo, penso sempre a papà.
Mi sembra che sia più vicino.
Chissà come mai: dall’Umbria a Mi­lano, mare niente.
Poi ho capito.
Una coincidenza curiosa come una conchiglia integra, perfetta, sbucata dalla sab­bia.
Me l’ha regalata Marilisa, quasi una zia, men­tre mi portava in macchina alla stazione dopo una breve visita.
Le chiedo a bruciapelo: «Papà preferiva il mare o la montagna?»
«Il mare.
Andare in montagna gli piaceva per la compagnia, ma lui amava di più il mare.
Mi ricor­do che una volta ha detto che gli piaceva soprattut­to il mare d’inverno, quando è tutto vuoto, e si possono sentire le voci delle persone sulla spiag­gia, in lontananza».
Ho pianto in silenzio mentre l’auto percorreva i tornanti al buio.

Un altro posto dove vado da sola è il cimitero. Anche lì mi sento in pace.
Papà riposa nel paese d’origine della mia nonna materna, un cimitero piccolo, raccolto, lontano dai rumori, a misura d’uomo.
Ci sono tanti alberi.
Non è un posto tri­ste.
Anche le lacrime, qui, sono un sollievo.
Quando mi succede qualcosa di importante, ri­taglio il tempo per andare a dirlo a mio padre, co­me farei se fosse vivo e abitassimo in due città di­verse.
Gli parlo.
A volte parlo sul serio, seppure a bas­sa voce, per paura di esser presa per pazza.
Biso­gna provare per capire che fa una grossa differen­za, lasciar uscire la voce.
È un rito dolce e liberato­rio.
Quando vado a trovare papà al cimitero mi pia­ce portargli una rosa, una sola, ma molto bella. In una delle infinite tonalità del rosa. La scelgo con cura prima di partire, ci metto del tempo, è impor­tante. Non la lascio nel vaso, ma la incastro nella gra­ta di ferro battuto perché sia più vicina alla sua fotografia. La lascio lì accanto, come una carezza."
Sono pochi i libri scritti dalle vittime del terrorismo o dai loro famigliari rispetto a quelli dei terroristi. Benedetta Tobagi è stata bravissima a ricostruire la storia di suo padre come lo è stata la figlia di Guido Rossa ( che ho censito nell'altro blog Pensieri in Libertà) Due giovani donne colpite da una tragedia che allora, negli anni di piombo, fu troppo spesso anche una nostra tragedia, purtroppo !

Sgombero neve

Martedì 22 Dicembre 2009
Avviso alla cittadinanza per sgombero neve

Si invita la popolazione, ai sensi dell'art. 20 del vigente regolamento di polizia urbana, ad eseguire i lavori di sgombero della neve negli spazi antistanti i rispettivi fabbricati, per un metro e cinquanta centimetri dalla linea del muro.
dalla sede comunale
IL SINDACO

Saetta ci ha lasciate...


Ho parlato spesso, all'inizio del blog Pensieri in Libertà, delle mie tre gatte, la mamma randagia e le due gemelle, nate nel luglio del 1996. Tutte nere e tutte bellissime
Saetta era la gemellina piccola, la più veloce, la più vivace, la più dispettosa, quella che si avvicinava a chi entrava, che si faceva accarezzare e poi graffiava le mani...
Affettuosa ed attaccatissima a mia mamma, la seguiva dappertutto ed era la sua ombra
Saetta stamattina ci ha lasciate.
Da due settimane aveva quasi smesso di mangiare, lei che era la golosona che spazzava i piatti a velocità supersonica, e negli ultimi giorni beveva solo acqua addolcita nello zucchero. Rifiutava persino il suo amato latte
Stava in cucina a dormire vicino al termosifone quasi tutto il giorno e di notte in garage, vicino alla caldaia del riscaldamento, in una grossa scatola con sua mamma e sua sorella, che non la lasciavano più sola e la tenevano calda
Ora riposa in un angolo del giardino, riparato dalla neve e dalla pioggia, vicino alle tombe dei miei ultimi cane e gatto precedente
Di lei ci resterà il ricordo, tante foto che le ho scattato negli anni, la sua presenza sul tavolo nella serra, dove passava le sue giornate, e la speranza che nel paradiso dei gatti, lassù in cielo, sia tornata a giocare con i topi e gli uccelli e le lucertole che amava così tanto prendere e portare sullo zerbino di casa
Arrivederci, piccola ... la mia piccola bellissima e intelligente Saetta dagli occhi acquamarina !!! Che tu sia felice, per sempre, ovunque tu sia ...

giovedì 17 dicembre 2009

Aumentano le tariffe dell' Acqua

L’assemblea plenaria dell’autorità d’ambito, ritrovatasi oggi ad Omegna, ha approvato l’aumento della tariffa dell’acqua al metro cubo per il 2009. Un aumento del 12%, un punto percentuale in meno rispetto a quanto previsto nei mesi scorsi, che porterà la tariffa a 1.081 euro al metro cubo. La decisione è stata presa con la maggioranza dei presenti all’assemblea omegnese ad eccezione del voto contrario della comunità montana cusio mottarone e dall’astensione del delegato della comunità montana monte rosa. Un aumento che sarà proporzionale in base al territorio in modo da non incidere maggiormente sulle zone di montagna e di fatto evitando di privilegiare le zone di pianura. La decisione di oggi, giunge al termine di un percorso che ha visto confrontarsi tecnici ed amministratori per evitare un aumento incondizionato della tariffa che ha tenuto conto anche di alcuni tagli, come la riduzione della quota percentuale del trasferimento alle comunità montane e la riduzione della quota destinata alla cooperazione internazionale che è passato allo 0.05%. Sempre oggi l’assemblea di ATO ha dato via libera alla creazione di un nuovo gestore unico: quello di IdraBlu che insieme a Comuni Riuniti gestirà il ciclo dell’acqua nell’area Ossola con l’auspicio che le due società andranno in futuro ad associarsi.

mercoledì 16 dicembre 2009

domenica 13 dicembre 2009

La felicità

" Trovo bella la vita e mi sento libera.
I cieli si stendono dentro di me come sopra di me.
Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore.

La vita è difficile, ma non è grave.
Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sè: e "lavorare a se stessi" non è proprio una forma d'individualismo malaticcio.

Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso
- se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quell'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo.
E' l'unica soluzione possibile.

E così potrei continuare per pagine e pagine.
Quel pezzetto d'eternità che ci portiamo dentro può essere espresso in una parola come in dieci volumoni.

Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra. "
Etty Hillesum
Diario 1941-43



"Pochi soltanto possono sopportare la solitudine o il silenzio e trovare una ricchezza di vita sgorgante in loro stessi anche senza alcun stimolo esterno;
eppure soltanto questi sono felici, soltanto questi vivono veramente"
Evolversi dal blog Vento di Pensieri
Il silenzio è un compagno fedele se si è in pace con se stessi . Amo il silenzio nell'intimità della mia casa . Sono felice ed in pace con la solitudine amica di lunghe ore passate a creare, a riposare, a riflettere, a leggere nella sicurezza delle care vecchie stanze sicure e degli affetti familiari ...
erica

La torta di zucca

La torta di zucca è una delle torte invernali che preferisco
Si prende metà di una zucca piccola, si taglia a pezzi e si pela; si mette nello scodello e si fa cuocere in una pentola pressione ( con un po' di acqua sul fondo della pentola, non nello scodello!)
Bastano 15 minuti, se è fresca ed è stata coltivata nell'orto di casa
Quando è cotta, si lasciano raffreddare i pezzi di zucca su un piatto; poi si passano in un passino fine (a mano)
Si lascia quindi scolare per qualche ora la polpa macinata.
Per controllare se va bene, si mette la polpa in una terrina e si schiaccia con una forchetta per eliminare evantuale acqua.
Nel frattempo, si lava a parte ½ etto di uvetta sultanina, lasciandola a bagno per un po', prima di strizzarla bene e di metterla in una terrina capiente con la zucca passata, 1etto e ½ - 2 etti di farina, 1 uovo, la buccia grattuggiata di un limone ecologico e ½ etto di burro fatto sciogliere sul fuoco con ½ etto circa di zucchero.
Si rimesta bene il tutto con un mestolo di legno fino a far diventare cremoso l'impasto
Se dovesse essere troppo duro, si dovrà aggiungere un pochino di latte; se invece risultasse troppo molle, si dovrà mettere ancora della farina, quel che basta.
Dopo aver lavorato bene la pasta, si mette anche ½ bustina di lievito per le torte e si gira ancora due o tre volte.
A questo punto si mette l'impasto in una tortiera bassa, si allarga bene e, quando il tutto è ben spianato, si infila in forno ( già acceso a 200 ° )
Si lascia cuocere per più di ½ ora, controllando che non bruci
Quando ha una bella crosta giallo scuro, si spegne il forno e la si lascia lì a raffreddare
A me piace molto anche quando è tiepida ma è altrettanto buona fredda

E' difficile...

E' difficile fare le cose difficili:
parlare al sordo,
mostrare la rosa al cieco.
Bambini
imparate a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi che si credono liberi.
Gianni Rodari
Lettera ai bambini
Parole per Giocare 1979

Gianni Rodari nacque il 23 ottobre 1920 a Omegna sul Lago d'Orta, dove i genitori originari della Val Cuvia nel Varesotto si trasferirono per lavoro . Gianni frequentò ad Omegna le prime quattro classi delle scuole elementari.

venerdì 11 dicembre 2009

No alla privatizzazione dell'acqua

Il governo Berlusconi ha privatizzato l’acqua
AUMENTO DELLE BOLLETTE
PEGGIORAMENTO DEL SERVIZIO
IMPEDIAMOLO!!!!
PARTITO DEMOCRATICO
Via Roma, 24 - 28921 Verbania
Tel. 0323401272 Fax 0323403387
skype: partito.democratico.vco
Parte anche nel VCO la campagna di mobilitazione del PD per l’appuntamento nazionale dell’11 e 12 dicembre “1000 Piazze Per l’alternativa”, due giorni di manifestazioni nelle principali piazze italiane in cui il partito Democratico presenterà le sue proposte su lavoro, imprese, sanità, scuola, famiglie.
Nel VCO la giornata si caratterizzerà anche sul tema dell'acqua con una mobilitazione contro la proposta di privatizzazione obbligatoria dell'acqua voluta dal governo Berlusconi.
In queste due giornate sarà distribuito ai cittadini materiale informativo su questi argomenti.
A Stresa Venerdì 11 dicembre, al mattino presso il Mercato
A Baveno, sabato 12 dicembre, la mattina davanti al Municipio
A Verbania, sabato 12 dicembre, nel pomeriggio in piazza San Vittore a Intra
Ad Omegna sabato 12 dicembre al pomeriggio e Domenica 13 al mattino presso il Municipio in Largo Cobianchi.
L’acqua è un bene pubblico: no alla privatizzazione!
L’acqua è fonte di vita e costituisce pertanto un bene comunedell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti e non puòessere proprietà di nessuno.Il Governo italiano ha approvato una norma che apre, di fatto, lastrada all’affidamento esclusivo ai privati della gestione del servizioidrico facendo diventare l’acqua un business e non un bene primarioda garantire alle popolazioni.Questa privatizzazione del servizio, se non altro per il semplicemotivo che i privati gestiscono un servizio per ottenerelegittimamente un profitto, rischia di portare agli utenti un ulterioreaggravio dei costi e delle bollette.Per questo esprimiamo preoccupazione per queste scelte e per lepossibili implicazioni economiche e sociali per il territorio e i cittadini,soprattutto in una provincia montana come la nostra.Sanciamo con forza il principio della proprietà e gestione pubblicadel servizio idrico integrato e che tutte le acque, superficiali esotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche ecostituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà.Per questo ci stiamo facendo promotori di iniziative in tutto il territoriodel VCO, come ad esempio la presentazione di un ordine del giornoin cui chiediamo, a tutte le Amministrazioni Comunali del VCO e alla Provincia, di adoperarsi in tutte le sedi per impedire che ciò avvenga.
dal volantino PD

mercoledì 9 dicembre 2009

Aforismi

"L'onore dipende spesso dall'ora che segna l'orologio."
Guillaume Apollinaire

sabato 5 dicembre 2009

Scacchi a Omegna

E' iniziato oggi il trentesimo campionato italiano individuale di scacchi presso il circolo scacchistico omegnese.
Sessanta i partecipanti provenienti da tutta Italia.
La regione Sicilia è la più numerosa con 15 rappresentanti, 5 quelli del VCO, 8 le regioni presenti.
Martedì 8 dicembre ci sarà la conclusione del torneo con le finali e l'assegnazione del titolo tricolore.

mercoledì 2 dicembre 2009

Telethon a scuola


Stamattina presso la Scuola Media di via De Amicis 7 è stato preparato il mercatino con i lavori degli alunni ed alunne di 2A 2E e 2G del Laboratorio di Volontariato del mercoledì pomeriggio
Il ricavato della vendita degli oggetti sarà consegnato ai volontari dell'associazione locale della U.i.l.d.m. ( unione italiana lotta alla distrofia muscolare ) e interamente devoluto a Telethon
Domani 3 dicembre e venerdì 4 dicembre al mattino proseguirà l'apertura del mercatino, ricco di oggetti vari molto belli, nati dalle mani e dalla creatività dei ragazzi e di noi 3 insegnanti che li abbiamo guidati nei mesi di ottobre e novembre
Chi fosse interessato, può passare a trovarci a scuola
erica

Appello di Luca e Michele Beltrami

Michele Beltrami mi ha inviato una mail con l'appello che ha scritto insieme con suo fratello dopo lo spiacevole episodio di Megolo. Pubblico molto volentieri nei post di questo blog i loro pensieri personali, che sono anche i miei e quelli di tutti coloro che credono profondamente nella resistenza e nella democrazia, acquistata grazie al sacrificio di tutti coloro che combatterono per la libertà, anche a rischio delle loro vite
"L'ignobile atto vandalico compiuto da sciagurati al monumento del Cortavolo di Megolo è un gesto grave che ci addolora.
È un gesto peraltro che si inserisce nel persistente tentativo di infangare la Resistenza; tentativo che oggi trova purtroppo sempre più ampia eco anche in ambienti politici e "culturali".
È un gesto che offende la memoria di un gruppo di valorosi partigiani, ma anche i loro compagni, i loro familiari e tutta la Resistenza ossolana, di cui la battaglia di Megolo è stata uno degli episodi più tragici, ma anche di più alto valore simbolico.
Forse è proprio contro questo simbolo che si accaniscono i nemici della Resistenza, siano essi vecchi nostalgici o giovani neofascisti, che godono, e hanno sempre goduto, di complice impunità.
A coloro che sostengono che l’antifascismo è superato noi rispondiamo che, finché si verificheranno episodi che offendono la memoria dei partigiani caduti, ma anche delle vittime dei campi di sterminio, noi avremo pieno titolo di continuare a definirci antifascisti, perché il fascismo non è morto, anche nelle sue forme più vili e insidiose.
E continueremo a pensare e a gridare “ora e sempre Resistenza”.
Questo faremo, insieme ai comuni di Pieve Vergonte e di Omegna, alla Casa della Resistenza, alle ANPI del VCO e a tutti coloro che, appena saputo dell’episodio, spontaneamente si sono radunati a Megolo per manifestare il loro sdegno e impegnarsi per riparare ai danni che il monumento ha subito.
Crediamo, infine, opportuno che accanto al monumento venga apposta una targa che ricordi le date di questi vili episodi, perché chi si reca al Cortavolo di Megolo sappia non solo che lì sono caduti combattendo il Capitano Beltrami e i suoi compagni, ma che ancora oggi qualche sciagurato ritiene suo dovere infangarne la memoria.
Luca Beltrami Gadola
Michele Beltrami "