martedì 16 dicembre 2014

Intervento di Michele Beltrami a Novara

TRUCIDATI DI PIAZZA MARTIRI E PIAZZA CAVOUR
70° ANNIVERSARIO
NOVARA 24 ottobre 2014
Intervento di Michele Beltrami
" Avevo qualche perplessità ad accettare di intervenire a questa vostra manifestazione sia per altri impegni sempre legati al 70° della Resistenza sia perché sono già intervenuto proprio qui a Novara il 25 aprile 2008. L’Assessore Paola Turchelli e il dottor Giovanni Cerutti, direttore dell’Istituto della Resistenza mi hanno convinto a sciogliere ogni riserva ed ora eccomi qui.
Quelli di voi che hanno assistito al mio precedente intervento mi perdoneranno se qualcosa di ciò che vado a dire oggi suonerà loro come “già sentito”.
Enrico Massara, nella sua “Antologia dell’antifascismo e della resistenza novarese”, all’inizio del capitolo dedicato all’eccidio che oggi ricordiamo, scrive “A Novara, immediatamente dopo l’8 settembre ’43, nascono i primi gruppi di resistenza, le prime squadre d’azione partigiana (SAP) che operano sia nel capoluogo che nei paesi del circondario”.
Questa tempestiva reazione si spiega col fatto che a Novara l’opposizione al fascismo non era mai venuta meno: si pensi a quanto accadde nella frazione di Lumellogno, dove la popolazione il 15 e il 16 luglio del 1922 si rese protagonista di un eroico episodio di resistenza a una spedizione punitiva dei fascisti, sopportando alcune perdite e numerosi feriti, come accadde a Parma e a Sarzana. Episodio per il quale la Città di Novara nel 2007 fu insignita di medaglia d’oro.
L’opposizione, continuò nella clandestinità per poi riemergere il 25 luglio 1943 e prepararsi a quello che sarebbe stato il suo periodo più duro, ma anche più glorioso.
Durante i quarantacinque giorni del governo Badoglio molte persone e gruppi di persone che in diversi luoghi avevano costituito una rete sotterranea nella città negli anni della dittatura, divennero attori di una palese mobilitazione antifascista, per poi sparire nuovamente nell'ombra dopo l'8 settembre '43, senza peraltro cessare la loro attività. Attività che favorì la nascita e l’organizzazione dei primi gruppi di resistenza in città e i contatti con le brigate che andavano formandosi in collina e in montagna, verso le quali molti giovani novaresi si avviarono.
Fra queste il Massara ricorda in particolare“… il gruppo guidato da Filippo Maria Beltrami, il Capitano, che opera nel Cusio…”.
Il sorgere e il rafforzarsi dell’attività partigiana e il crescere dell’ostilità che circonda nell’opinione pubblica il risorto fascismo e l’occupante tedesco preoccupano il governo di Salò che, a Novara, sostituisce nella carica di Commissario Prefettizio Tuninetti, giudicato troppo morbido, prima con Gargano Barbera, quindi con Enrico Vezzalini. La gestione di Vezzalini, con l’ausilio di due questori succedutisi nell’incarico, Ugo Abrate e Emilio Pasqualy, contraddistingue una lunga stagione di terrore in città e nella fascia circostante.
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In particolare, come ricorda Massara, “l’assassinio nelle piazze e nelle vie della Città, e comunque nei luoghi abitati è l’operazione preferita dai capi della Squadraccia perché i morti fanno spettacolo, la popolazione deve vedere …”.
La ferocia della Squadraccia era tale che persino il sottosegretario agli interni della Repubblica Sociale, Giorgio Pini, dopo un’ispezione a Novara nel novembre del 1944, la definì “formazione di torturatori criminali” e costituì motivo di preoccupazione presso gli stessi tedeschi che ne caldeggiarono l’allontanamento, insieme a quello dello stesso Vezzalini.
Solo nel gennaio del 1945 furono trasferiti a Modena. Il Vezzalini alla Liberazione fu catturato, processato e fucilato a Novara  Gli altri dopo la Liberazione furono arrestati, processati e condannati, ma riuscirono presto a tornare liberi. Qualcuno di loro fu persino eletto nel Parlamento della Repubblica. Così come molti altri criminali fascisti.
Vengano i negazionisti, i revisionisti, i fautori della memoria condivisa in queste piazze novaresi, vengano in questa piazza Cavour, vengano in Piazza Martiri della Libertà (allora Piazza Vittorio Emanuele II) dove 70 anni fa, nell’ottobre del 1944, vennero trucidati gli otto giovani che oggi ricordiamo. Leggano le lapidi. Si facciano raccontare cosa è successo e ci dicano poi cosa si può negare, cosa si può rivedere, quale memoria si può condividere.
Qui, in questa piazza, il 17 ottobre venne fucilato un giovane “patriota”, il carabiniere Natale Olivieri, che era stato catturato a Biandrate. Quindi, nella sola giornata del 24 ottobre, vennero uccisi dai fascisti della “squadraccia”, per vendetta della sconfitta subita in uno scontro coi partigiani, altri sette “patrioti” (così è doveroso chiamarli), 
tre in piazza Martiri
Giovanni Bellandi
Ludovico Bertona
Aldo Fizzotti
e quattro in piazza Cavour
Vittorio Aina
Mario Campagnoli
Emilio Lavizzari
Giuseppe Piccini
prelevati dal carcere dove erano stati rinchiusi e tutti a lungo e brutalmente percossi dal Pasqualy e dal suo aiutante, il “boia” Martino
Ma neppure da morti questi otto poveretti ebbero pace. I loro cadaveri vengono lasciati a lungo senza sepoltura e vengono vilipesi dalle ausiliarie fasciste.
Credo che molte cose siano state narrate nel corso delle commemorazioni che anno dopo anno hanno ricordato questi tragici episodi e questi otto caduti, ma io voglio soffermarmi sulla figura di Natale Olivieri, del quale nulla sapevo.
Il carabiniere Natale Olivieri, entrato nella Resistenza dopo l’8 settembre, era partigiano della Brigata "Osella". Per evitare rappresaglie contro i civili, si consegnò ai fascisti che lo cercavano. Venne bastonato, preso a calci, vilipeso e quindi trascinato da Biandrate a Novara dalla "Squadraccia". Arrivato a Novara, fu nuovamente torturato. Qualche ora più tardi, più morto che vivo, venne fucilato in piazza Vittorio Emanuele II (ora Piazza Martiri della Libertà). 
Il prof. Piero Fornara, ebbe modo di ricordare: "...attorno al cadavere di Olivieri pietà e odio, dolore e sarcasmi si susseguirono sino al tramonto. Le Ausiliarie danzano sopra il cadavere e gli cacciano i tacchi nella faccia, altri sono forzati a sputare sul morto...".
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Ma, permettetemi la digressione, non sapevo nulla neppure del giovane Giuseppe Cortellucci, anche lui carabiniere, che seguì sui sentieri dell’estremo ponente ligure Felice Cascione, l’eroico comandante partigiano, autore della canzone “Fischia il vento”¸ catturato dai tedeschi e ucciso dai fascisti al termine di un combattimento nel gennaio del 1944.
Nella bella ricostruzione della figura di Cascione, che recentemente ci ha donato Donatella Alfonso, si legge: “Felice Cascione vede i tedeschi catturare Cortellucci, il carabiniere. E grida: Lasciate libero quest’uomo, sono io che l’ho costretto a venire in banda, sono io il comandante!... Carabinè [questo il suo nome di battaglia] ricorda solo questo, prima di svenire per le botte e la disperazione”. Cortellucci viene portato via dai tedeschi, poi i carabinieri intervengono (Cascione aveva detto che era suo prigioniero) e viene riarruolato. Diserta un'altra volta. Raggiunge la formazione "Cascione" e quando si trova isolato in uno scontro a fuoco si uccide."
Ho appreso della vicenda di questi due giovani, di queste due belle ed eroiche figure, quasi negli stessi giorni e per questo ho voluto accostarle e condividere con voi due pensieri con i quali vado a concludere.
In primo luogo nella Resistenza combatterono molti giovani carabinieri, che dopo l’8 settembre, scelsero di raggiungere le formazioni partigiane, nelle quali combatterono eroicamente, spesso pagando con la vita. E questo è giusto sottolinearlo proprio oggi qui a Novara.
In secondo luogo, così come la figura di Natale Olivieri mi ha fatto pensare a quella di Giuseppe Cortellucci, la vicenda e la fine di Felice Cascione mi ricordano la vicenda e la fine del papà, del Capitano.
E questo mi commuove e mi stimola a ragionare sulla profonda comunanza di ideali, di coraggio, di spirito di sacrificio che c’era anche fra uomini che non s’incontrarono mai, che combatterono in luoghi fra loro lontani, che erano spesso diversi per età, per ambiente, per formazione culturale e politica.
Anche questo fu la Resistenza ed è con questo spirito, privo di ogni campanilismo , che noi oggi dobbiamo ricordare gli otto giovani trucidati 70 anni fa nelle piazze di Novara, la cui memoria non potrà mai essere mai essere condivisa con quella dei loro assassini, di quella “formazione di torturatori criminali” come furono definiti dai loro stessi camerati.
Fra pochi mesi, il 25 aprile del 2015, termina il 70° anniversario della Resistenza, ma non devono cessare le occasioni di ricordo.
Molti fatti, molte figure dobbiamo ancora far venire alla luce, molte storie da raccontare o da farci raccontare, molti strumenti da mettere in campo perché la memoria non si perda.
W la Resistenza! "

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